I nomi, i volti e le testimonianze degli artigiani italiani che hanno scelto di aderire al progetto formativo UNISG, accogliendo gli studenti di Pollenzo nei loro laboratori durante le visite didattiche e i tirocini formativi.

Perché oggi imparare il mestiere di pizzaiolo, panettiere e mastro birraio può essere una chance per il futuro? Quali sono gli “ingredienti” fondamentali per intraprendere queste professioni? Ecco che cosa ci hanno risposto.

Gianfranco Iervolino – pizzaiolo

Usa tecniche gourmet per uscire dagli schemi tradizionali di farine forti, lievitazioni di 48 ore e farciture con ingredienti di qualità.

Dell’Alto Apprendistato dice: «Ho scelto di aderire per un semplice motivo: i giovani. Si parla sempre degli ingredienti, della farina, della mozzarella ma non si parla mai dei giovani. Noi professionisti abbiamo il compito e il dovere di mettere il nostro bagaglio di esperienza a disposizione del prossimo, trasmettendo senza remore e senza trucchi il mestiere».

Che cosa non può mancare in un pizzaiolo? «Amare il proprio mestiere è alla base di tutto: se non è così, consiglio di girare pagina. Grande responsabilità, perché cucinare o fare una pizza significa avere rispetto per i clienti e per chi ti affianca. Professionalità, che vuol dire igiene personale, puntualità sul posto di lavoro, cortesia con i clienti, capacità di fare équipe».

Del suo mestiere dice: «Oggi il cibo è un bisogno primario: si può rimandare l’acquisto di una bella camicia, un pantalone, un orologio ma non di “sua maestà pizza”! E soprattutto quando è preparata con amore, responsabilità e professionalità. E poi questo mestiere consente di lavorare in tutto il mondo».

 

Franco Pepe – pizzaiolo

Crede negli impasti lavorati a mano, nei prodotti d’eccellenza e nella forza che unisce i produttori di uno stesso territorio.

Perché ha scelto di aderire al progetto formativo UNISG? «Uno dei motivi è stato sicuramente l’affinità di intenti. Ho dedicato buona parte del mio lavoro agli impasti e alla ricerca di prodotti d’eccellenza, privilegiando la territorialità certo che i sapori della mia terra avrebbero reso unici i connubi gastronomici delle mie pizze. Un lavoro certosino, che affronto giorno per giorno, con l’ausilio di persone competenti. Un lavoro che si può affrontare solo con validi percorsi di formazione».

Del suo mestiere dice: «Sta riscoprendo un ruolo di mediazione fra la ristorazione classica e il cibo da strada: in tavola saperi e sapori con maggiore cura, a prezzi popolari. A chi vuole intraprendere questo mestiere ricordo che la chiave per giusta è la voglia continua di confronto, crescita professionale e ricerca degli stimoli giusti».

Mario Cipriano – mastro birraio

Ha scelto di combinare i sapori e i profumi della tradizione contadina della sua terra, dai mieli di castagno e di acacia, alla mela annurca e ai limoni. Un tempo era nota come Campania felix…

Dell’Alto Apprendistato dice: «È un’opportunità sia per me sia per i futuri allievi: un aiuto concreto per chi ha passione, grinta e voglia di mettersi in gioco. E’ l’occasione per promuovere l’universo di cultura, tradizione, storia ed emozione delle birre artigianali».

Quali sono gli ingredienti per intraprendere la sua professione? «Passione, tenacia, forza di volontà e la preparazione: ma alla base di tutto c’è studio, ricerca, e la consapevolezza che c’è sempre da imparare. Io mi sento fortunato perché il mio lavoro mi coinvolge e mi riempie di soddisfazioni».

Sul futuro da mastro birraio dice: «Il mercato italiano è ancora aperto. Però nulla va improvvisato: aprire un birrificio è facile, ma a crescere e affermarsi sono in pochi».

Ciro Oliva – pizzaiolo

Prodotti di eccellenza del territorio, cordialità tra i tavoli e la convinzione che «la forza di questo locale è il mio quartiere rione Sanità». Così si presenta Ciro Oliva, 23 anni, che insieme al padre lavora nella pizzeria-friggitoria avviata dalla nonna Concettina.

Dell’Alto Apprendistato dice: «È importante insegnare ad altri ragazzi ad affermarsi nel campo artigianale; è un settore che offre molte soddisfazioni. E poi insegnare è sempre bello!».

Quali sono gli ingredienti per intraprendere la tua professione? «Tanto amore e passione, che sono gli ingredienti che tu metti nella pizza. Devi fare il mestiere perché ti piace e non per il guadagno. Io anche la sera, quando torno a casa, parlo della pizza…».

Perché oggi il tuo mestiere può essere una chance per il futuro: «L’arte del pizzaiolo io la trasmetto a una persona e poi a un’altra e a un’altra ancora… La pizza è vita e a nessuno dovrebbe essere negata. Noi pizzaioli diamo l’opportunità di sfamarsi».

 

Panificio Antonio Rescigno

A gestire l’attività di famiglia è la terza generazione: Annalisa, Daniela e Mimmo. Con loro si ripete la tradizione delle grandi forme di pane, delle freselle e dei taralli, l’uso del criscitoNel 2013 hanno scelto di costruire un forno in pietra vesuviana.

Quali sono gli ingredienti per intraprendere la vostra professione? «Determinazione e spirito di sacrificio. Ogni mestiere fatto con passione e volontà da risultati».

Perché un futuro da panettiere? «Perché spero che il nostro mestiere sia intramontabile!».

Domenico Filosa – panettiere

In questo laboratorio alle pendici del Vesuvio si sfornano i filoni palatone, impastando farina, acqua, criscito, sale e legalità.

Una scelta coraggiosa: «Non ho paura della concorrenza, quando è di qualità. Mi spaventa quella di basso valore dei panifici clandestini, che sfalsa il mercato». «Ho scelto di aderire al progetto UNISG perché ritengo che sia importante per la valorizzazione dell’arte del panificatore».

Perché oggi panificare può essere una chance per il futuro? «Questo mestiere ha senso perché è antico come il mondo. Con la crisi di oggi è l’unico che sta mantenendo alta l’occupazione. È un mestiere valido, necessario e di una certa importanza per la società».

  • Panificio Doc, San Sebastiano al Vesuvio (Napoli)

STEPHEN DAWSON – MASTRO BIRRAIO

Perché hai scelto di aderire al progetto formativo Alto Apprendistato dell’UNISG?  Mi piace condividere la mia arte. Ho già avuto delle belle soddisfazioni insegnando a chi poi ha aperto un proprio birrificio.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione? E’ necessario  avere una forte passione ed un’idea chiara di dove si vuole arrivare.

Perché oggi imparare il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? Oggi il pubblico è sempre più sofisticato. Bisognerebbe andargli incontro mantenendo un buon prodotto a prezzi popolari. Per smarcarsi  dalla concorrenza, occorre  dunque aumentare i volumi di produzione senza cedere in qualità.

Massimo Gatti – pizzaiolo

Ha rilevato con il padre un locale storico del suo paese adibito a trattoria-pizzeria. Della tradizionale gestione precedente ha mantenuto l’uso della “padella”, con cui si fa una precottura della pizza in teglia. L’impasto, invece, è tutto suo.

Ha scelto di aderire ai corsi di Alto Apprendistato perché rispecchia «quello che avrei desiderato trovare quando mi sono avvicinato a questa magnifica professione».

Sul futuro da pizzaiolo dice: «Il mondo della gastronomia necessita di persone competenti e appassionate, che potranno avere opportunità di lavoro in qualsiasi posto del mondo. La pizza è un patrimonio dell’umanità!».

Pizzeria O’ Fiore Mio

Farine biologiche macinate a pietra, pasta madre, lievitazione e maturazione prolungate, cottura nel forno a legna. Questa è la filosofia della pizzeria O’ Fiore Mio. E a raccontarla in gesti e sapori è la sua affiatata squadra di lavoro.

Hanno scelto di aderire all’Alto Apprendistato perché è un’iniziativa da incoraggiare «che si rivolge a ragazzi interessati e consapevoli che queste professioni richiedono carattere e dedizione, voglia di confrontarsi, cultura e studio incessante. Una missione che avrebbe potuto svolgere la scuola alberghiera italiana, che invece sonnecchia per ragioni di budget, criticità nei processi di approvvigionamento, scarsa attenzione nei dirigenti verso tematiche come il controllo di filiera, la qualità organolettica, la sostenibilità ambientale».

Quali sono gli “ingredienti” per intraprendere la vostra professione? «Cultura e intelligenza, tanta curiosità, la voglia di viaggiare e di capire il valore di confrontarsi con altre realtà, anche all’estero. Poi formazione costante. Si può fare innovazione facendo ricerca sul passato».

Un mestiere per il futuro?  «La pizza, come il pane, sono radicati nella nostra identità gastronomica che oggi è prevalente sia in Italia (assieme a quella delle trattorie) sia nel mondo. La pizza è un prodotto con non tramonterà mai: popolare, semplice in apparenza, che quando è concepito con gli ingredienti giusti può far perdere la testa. È quello che è successo a noi!».

 

Matteo Calzolari – panettiere

Crede nel recupero di tecniche di panificazione dimenticate e di grani locali quasi estinti. Ma anche nella sperimentazione di nuovi impasti. Un percorso di tradizione e ricerca in cui lo accompagna, da oltre dieci anni, Gino, il lievito madre a cui ha voluto dare un nome.

Perché ha scelto di aderire al progetto Alto Apprendistato dell’UNISG? «Penso che nel mio mestiere ci sia bisogno di manualità ma anche di una profonda conoscenza e rispetto del territorio e dei diversi attori che creano la filiera».

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro? «Offre l’opportunità di fare rete, condividendo gli stessi orizzonti, con agricoltori, mugnai, fornai, ristoratori e consumatori. E in tempi di crisi è bello avere persone vicine. Inoltre è un’attività ancorata nel passato, ma c’è ancora tantissimo da inventare».

Marco Tamba – mastro birraio

La produzione è il frutto di una filiera che nasce e si conclude nell’azienda agricola di famiglia. E quando sia il malto d’orzo che il luppolo sono di propria produzione, la bionda non può che chiamarsi 100%.

Dell’Alto Apprendistato dice: «Se fosse esistito quando ero in procinto di avviare la mia attività, probabilmente mi sarei iscritto, per superare le indecisioni iniziali. Oggi mi piace l’idea di poter essere di aiuto a chi ha voglia di imparare qualcosa di nuovo».

Quali sono gli “ingredienti” per intraprendere la tua professione? «Quelli che non vanno riportati sull’etichetta ma vanno fatti capire attraverso la qualità dei prodotti: passione prima di tutto, buone idee e voglia di innovare, piedi per terra ».

Perché oggi imparare il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? «Reputo più importante saper fare il mestiere che avere un’attività propria. In Italia i birrifici sono ormai tanti e in continuo aumento: credo servano birrai esperti, che troveranno facilmente impiego».

 

Stefano Pransani – mugnaio

Farine biologiche, macinate a pietra, che provengono da grani antichi coltivati localmente. La filosofia della filiera corta che pensa al futuro della Terra.

Ha deciso di aderire al progetto dell’UNISG perché «la società d’oggi propone modelli di alimentazione globalizzati e standardizzati, inaccettabili. Ritengo importante poter favorire lo sviluppo di un’economia che rispetti la natura e sostenga il lavoro di tanti piccoli produttori, che preservano e difendono la biodiversità locale. In quest’ottica è nata la ricerca dei grani antichi, coltivati nella mia zona, nell’intento di ricostruire la filiera corta: il contatto diretto con il contadino, che produce il grano in modo biologico e naturale, garantisce la qualità. Non mi sono inventato niente, ma ho portato avanti il lavoro che ho visto fare da mio zio e da mio padre che a 83 anni mi affianca ancora in bottega».

Perché crede nel suo mestiere?
«In un momento così difficile dal punto di vista economico, caratterizzato dalla crisi mondiale, una soluzione possibile può essere quella di puntare sui prodotti di qualità che caratterizzano il nostro made in Italy. È una sicura chance per il futuro lavorativo, per la qualità della vita dell’uomo e la tutela della Terra».

  • Molino Pransani, Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena)

Paolo Marianini – panettiere

Ha scelto di essere contadino panificatore in Val Bidente, un territorio aspro dove l’agricoltura è marginale. Con il grano biologico, il lievito madre e il forno a legna si è ritagliato una fetta di mercato.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la sua professione?
«Nel mio caso è stata la spregiudicatezza. Svolgevo un lavoro sicuro, ben retribuito, soddisfacente che, però, era diventato molto stressante. Sentivo la mancanza del ciclo delle stagioni e della serenità mentale che per me, nato e vissuto in campagna, sono i fattori per una buona qualità della vita. Così, con il sostegno economico di mia moglie e l’aiuto e lo stimolo di tante persone, ho cambiato vita. Avevo il ricordo di come mia mamma preparava il pane: inizialmente i risultati sono stati mediocri, ma senza cercare scorciatoie e con tanta caparbietà, ho raffinato la tecnica, riuscendo a proporre un prodotto apprezzato».

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro?
«La mia storia testimonia che con impegno e fatica fisica è possibile costruirsi una professione. Mi riconosco il merito di avere avuto l’intuizione vincente di essere contadino panificatore in una zona dove questa figura non esisteva, e quindi ricavando una nicchia di mercato. I punti fermi del mio progetto: un pane con le migliori caratteristiche organolettiche, la coltivazione bio dei cereali, lievito madre e cottura a legna».

  • Azienda agricola Tirli, Santa Sofia (Forlì)

Christian Petrini – pizzaiolo

Dell’Alto Apprendistato dice: «È un’ottima opportunità per chi vuole imparare il mio mestiere. Ed è un onore per me essere uno degli strumenti tramite il quale uno studente del corso potrà avere il futuro che sogna».

Quali sono gli ingredienti per intraprendere la tua professione? «Avere gli stimoli per rinnovarsi ogni giorno».

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro?«Non me la sento di affermare che il mio lo sia più di altri… Sicuramente, questo è un mestiere che può regalare emozioni e soddisfazioni».

  • Pizzeria Primula Rossa, Civitella di Romagna (Forlì-Cesena)

Giovanni Campari – mastro birraio

Birrificio del Ducato
In otto anni, dal primo impianto nella Bassa Parmense, hanno saputo imporre le loro etichette sul mercato internazionale. Artigianalità dal passo lungo.

 

Collabora all’alto Apprendistato perché: «È una delle rare opportunità d’inserimento reale per chi vuole lavorare in questo settore. Noi del Birrificio del Ducato vogliamo dare il nostro contributo».

Gli “ingredienti” per intraprendere la tua professione?«Competenze tecnico-scientifiche, attenzione maniacale ai dettagli, attitudine al lavoro di fatica, background culturale enogastronomico e,

Tradzinaturalmente, la passione viscerale per le birre»
.

Essere birraio può essere una chance per
 il futuro?
 «La birra artigianale italiana rappresenta senza ombra di dubbio il fenomeno più innovativo e luminoso del comparto agroalimentare italiano».

 

Leonardo Di Vincenzo – mastro birraio

Perché hai aderito al progetto UNISG?
«Lo trovo interessante sotto vari aspetti. Riesce a formare gli studenti sia sul piano teorico che pratico. Il lavoro di birraio, soprattutto nella fase di avviamento, richiede delle conoscenze trasversali che vanno dalla produzione alla vendita fino al trasporto. Credo che questo corso possa far inserire gli studenti nel fantastico mondo birrario».

Gli “ingredienti” fondamentali per intraprendere la tua strada? «La passione è l’ingrediente che ti fa andare avanti. La conoscenza tecnica non può mancare: mai improvvisarsi! Un pizzico di pazzia, poi, è fondamentale nel creare nuove birre».

Perché oggi imparare il vostro mestiere può essere una chance per il futuro? «Il nostro settore è in crescita. Le persone scelgono più consapevolmente cosa vogliono bere e si dirigono verso un prodotto di qualità. C’è ancora spazio sul mercato se si è bravi e intraprendenti, servono idee giuste e originali».

 

Gabriele Bonci – panettiere e pizzaiolo

Perché ha scelto di aderire al progetto formativo Alto Apprendistato dell’UNISG? «Perché è importante non disperdere passione. Perché è importante dimostrare a chi ha scelto l’UNISG che la gastronomia è l’agricoltura e che ogni alimento, per essere definito di qualità, deve appartenere a una filiera agricola. Perché il mio lavoro ha bisogno di seguito».

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali per intraprendere la sua professione? «Grassi, enzimi, zuccheri, tessuti proteici, sale e l’ottanta per cento di acqua, circa… quindi un corpo umano».

 

  • Il panificio, Roma
    Pizzarium, Roma

Denis Pirello – pizzaiolo

Un mestiere ereditato dal padre, una passione per la ricerca di prodotti di qualità del territorio italiano e di modalità di lavorazione che li valorizzino nel piatto.

Perché ha scelto di aderire al progetto dei corsi di Alto Apprendistato? “Per il nostro settore credo sia fondamentale formare ragazzi appassionati e contribuire, anche se in piccola parte, a questo progetto mi rende molto felice. Non vedo l’ora di iniziare.”

Per Denis, “passione, spirito di sacrificio, infinita ricerca di fare bene, dare il meglio di se’ avendo l’umiltà di migliorarsi e crescere sempre, sono gli ingredienti fondamentali per intraprendere la sua professione”

Perché oggi imparare il vostro mestiere può essere una chance per il futuro? “Qualunque mestiere può essere una chance per il futuro purché sia “il tuo mestiere”, ognuno deve trovare la propria strada e se questa è quella giusta, come è stata la mia, farai sicuramente bene.”

 

MARCO LIGAS – MASTRO BIRRAIO

Un birrificio “a porte aperte” dove si è sempre benvenuti per fare due chiacchiere con chi produce le etichette, birre non pastorizzate né filtrate.

Dell’Alto Apprendistato dice: «È una opportunità sia per il birrificio che per lo studente. Il birrificio ha modo di entrare in contatto con persone motivate e di arricchirsi di nuove idee ed esperienze. E poi una mano in più non guasta mai! Lo studente sperimenta la “vita da birrificio”, completando il suo percorso di studi e accrescendo la professionalità nell’ottica di un impiego futuro nel settore».

Prospettive da mastro birraio? «Molte le opportunità da cogliere, ma serve preparazione, voglia di fare e professionalità».

Massimo Grazioli – panettiere

Perché crede nel suo mestiere? «È un modo di essere. Nel mondo del lavoro la disponibilità alla fatica è una merce rarissima, di valore, che ti porta all’eccellenza. Ho iniziato questo mestiere per volere dei miei genitori 40 anni fa. La passione è nata nel tempo, quando ho capito le sfumature del mio lavoro, il valore delle mie mani e della fatica. Oggi stiamo perdendo la cultura del pane, seguendo le scorciatoie del vivere veloce…».

Carlo Fiorani – panettiere

Dopo aver frequentato l’Università di Pollenzo ha deciso di recuperare l’azienda agricola paterna da anni non più attiva. Oggi coltiva il grano con cui panifica e lavora le carni dei maiali che alleva allo stato brado.

Perché consiglia di imparare il suo mestiere? «I paradigmi economico-finanziari hanno portato a un livello produttivo poco soddisfacente per la clientela. La gente vuole sapere per comprendere ciò che è definibile come “buono”, e per attribuire il giusto valore agli alimenti».

Davide Longoni – panettiere

Nato in Brianza in una famiglia di artigiani crede nelle farine biologiche macinate a pietra e nel valore della comunicazione. Collabora con Slow Food nell’ambito del progetto Nutrire Milano che prevede il recupero di terreni agricoli del Parco Sud Milano per coltivare cereali destinati alla panificazione.

Dell’Alto Apprendistato dice: «Ho scelto di aderire al progetto formativo UNISG perché credo che l’artigiano 2.0 debba possedere una formazione superiore di livello universitario, parlare due o tre lingue, capire il valore della comunicazione, scegliere in maniera autonoma e consapevole i fornitori delle materie prime, perché il pane e i prodotti da forno sono prodotti agricoli».

Pietro di Pilato – mastro birraio

Cinque produzioni fisse ad alta fermentazione e ispirate alla tradizione angloamericana. E poi le one shot. Una realtà concreta: bollitore da 30 ettolitri, 4000 litri di produzione annua.

Dell’Alto Apprendistato dice: «In un mondo in espansione come quello della birra artigianale credo ci sia bisogno crescente di formazione: è importante evitare che troppe persone si buttino in un’avventura alla cieca. Inoltre nove mesi di tirocinio consentono di farsi un’idea di come funziona un birrificio. E possono costituire un grande vantaggio nel trovare impiego».

Gli “ingredienti” per intraprendere la tua professione? «Produrre birra è un lavoro faticoso fisicamente e mentalmente. Le giornate possono essere molto lunghe e stressanti. Senza passione non ci si alza la mattina… ».

 

Birrificio Lambrate

Dal 1996 producono birre crude non pastorizzate, credendo nella filiera corta che li lega al territorio meneghino. Alessandra Brocca è uno dei cinque soci che si occupano degli aspetti amministrativi e della produzione.

Hanno aderito al progetto UNISG perché: «Credo fortemente nella prassi-teoria-prassi come metodo di apprendimento. Poter vivere un’esperienza all’interno di un micro birrificio è uno step fondamentale per cominciare a orientarsi in questo vasto mondo».

Gli ingredienti della professione? «Passione e amore per la birra. Ma anche competenze tecnico-scientifiche, amministrative, commerciali, marketing e cultura enogastronomica».

Perché imparare il mestiere del birraio? «Il settore birra artigianale è in crescita. C’è ancora spazio per chi vuole intraprendere questo mestiere, portando idee originali, fattibili e capendo soprattutto come e dove posizionarsi in questo mercato».

AGOSTINO ARIOLI – mastro birraio

Alto Apprendistato. Cosa ti ha spinto a partecipare? Credo eticamente importante supportare i giovani che intendano entrare in questo mondo anche perché abbiamo tanto bisogno di gente capace di fare buone birre.

Gli “ingredienti” fondamentali per aspiranti birrai? Passione, competenza tecnica e  precisione in chi produce; attenzione e consapevolezza in chi consuma.

Le prospettive per un mastro birraio? Il mercato è in forte crescita e, pur con tutte le magagne dei giorni nostri, le prospettive per i giovani sono sempre maggiori.

 

PIETRO FONTANA – MASTRO BIRRAIO

Attenzione ad ingredienti di qualità e sensibilità per un agricoltura sostenibile di filiera corta sono le basi su cui si fonda la filosofia del piccolo opificio di Pietro Fontana. «Io purtroppo non ho potuto andare a bottega – ci dice – Sono certo che mettere in relazione studenti con professionisti del settore sia il sale per ogni mastro birraio».

Gli ingredienti di questa professione? «Disponibilità al sacrificio, passione, e voglia di migliorarsi sempre».

Il futuro del mastro birraio? «Risiede nelle sue conoscenze pratiche. La concretezza del suo sapere resta spendibile nel settore in tutto il mondo senza barriere architettoniche, linguistiche o culturali».

Fulvio Marino – mugnaio Maurizio Pavan – panettiere

«Il pane è uno degli alimenti più importanti della nostra vita.Chi si avvicina al lavoro del panettiere devo farlo seriamente, prestando molta attenzione a quella che è la qualità, soprattutto delle materie prime». Lo sa bene Fulvio Marino, terza generazione di mugnai a Cossano Belbo, comune nelle Langhe. Le sue farine biologiche, macinate a pietra naturali, e le sue competenze sui cereali si intrecciano da anni con l’abilità di panificazione di Maurizio Pavan.

Secondo Marino: «Fare il panettiere è un lavoro che non smetterà mai di esistere, soprattutto se lo si fa con passione e all’insegna della qualità. La gente è alla ricerca di pane buono e sano. Fondamentale è la passione, la voglia di lavorare, di alzarsi presto e di essere costanti nel proprio lavoro».

VALTER LOVERIER – MASTRO BIRRAIO

Apprendistato dell’UNISG? “Per trasferire ai ragazzi il modo corretto per ottenere  un prodotto di qualità. In Italia abbiamo bisogno  di professionisti e non di gente improvvisata”.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione? “Ci vuole innanzitutto la Passione, quella con la p maiuscola, senza la quale tutto è inutile. E poi non deve mai mancare la pazienza,  in un lavoro di grandi sacrifici (anche economici) e di fatiche fisiche”.

Quali possono essere le prospettive per un mastro birraio? “Dipende tutto da ciò che si vuole poiché ad oggi  quello della birra è un mercato in crescita che  offre ancora possibilità d’impiego. Si può trovare lavoro come dipendenti in un  microbirrificio medio-grande, oppure puntare su un’ attività propria. In questo caso è indispensabile uscire dal coro:  non bastano solo una rossa, una chiara e una scura per essere competitivi”.

Andrea Bertola – mastro birraio

La sua vocazione per l’impegno sociale lo ha portato ad avviare a Saluzzo, insieme alla cooperativa Pausa Cafè, il primo micro birrificio italiano all’interno di una struttura penitenziaria.

Dei corsi di Alto Apprendistato dice: «Ho scelto di aderire per il desiderio di condividere l’esperienza di anni di lavoro e di passione e per mettermi in gioco in una rete di scambio: dare ciò che si ha e si è, ricevere esperienze e modalità di fare nuove, a volte sconosciute. Il percorso UNISG è di notevole valore umano per il confronto con gli studenti e i professori.

Gli ingredienti fondamentali per chi vuole diventare mastro birraio? «In primis, la passione, che poi innesca creatività, desiderio di fare bene, fantasia e un pizzico di follia. E ricordarsi che si tratta di un lavoro creativo artigiano, fatto di limiti e di grandi possibilità».

Prospettive da mastro birraio? «Il lavoro culturale che come birrai stiamo facendo in questi anni, con serate di degustazioni e presentazioni, fa sì che sempre più persone si avvicinino alla birra con la fiducia di trovare prodotti buoni e sani. Abbiamo una fetta piccola di mercato e lo spazio di crescita è ancora enorme».

  • Birrificio Beertola –  Cuneo.

 

Renzo Sobrino – mugnaio

Insieme alla famiglia gestisce un impianto storico, in gran parte in legno, che risale al 1950, dove si producono farine biologiche con lavorazioni lente che ne esaltano le qualità. E dove è nato il progetto di recuperare le antiche varietà di grano di Langa, coinvolgendo i contadini e i panificatori della zona: oggi ha il sapore del Pan ëd Langa .

Perché ha scelto di aderire al progetto dei corsi di AA? «Per far capire agli studenti che cosa sta dietro un sacco di farina, dal lavoro del contadino a quello di chi trasforma i cereali. Per far conoscere la realtà di un piccolo mulino, che se«gue logiche completamente diverse da quelle industriali».

Perché crede nel suo mestiere? «Questo mulino è nelle mani della mia famiglia da quattro generazioni. Chissà, forse i mestieri si trasmettono anche attraverso il DNA… Credo che nel campo della macinazione il futuro sia nella scelta della qualità delle materie prime e nel processo produttivo, ed è una bella soddisfazione poterlo spiegare agli studenti. Qui vedranno il mestiere di mugnaio a tutto tondo, di chi conosce le materie prime, si relaziona con i fornitori, fa funzionare tecnicamente il mulino. Le soddisfazioni non mancano; penso a quella del cliente che ci dice che il prodotto realizzato con le nostre farine è migliore o lo fa stare meglio fisicamente».

Enrico Borio – mastro birraio

Nel 1996, in Val Chisone, insieme al fratello Alessandro ha fondato Beba, un pezzo di storia della birra artigianale italiana.

Chance per il futuro come mastro birraio? «Se ci sono gli ingredienti, basta scegliere cosa fare da grandi: come in tutte le arti, servono passione, volontà, umiltà e tenacia».

Gianfranco Fagnola – panettiere

Nel suo laboratorio, in provincia di Cuneo, ha portato il bagaglio di conoscenze acquisite in molti concorsi internazionali: ama mettersi alla prova ma soprattutto confrontarsi e imparare da colleghi stranieri.

Dei corsi di Alto Apprendistato dice: «Trovo entusiasmante trasferire le mie conoscenze, o come le definiva Gaber “La saggezza delle cose antiche”, ad altre persone incuriosite dall’arte della panificazione. Formare in loro l’indipendenza tecnica, in modo che possano un giorno “creare” anziché “rincorrere”, migliorarsi senza snaturare le materie prime, avvertendo la responsabilità del “fare cibo”, e che loro, e solo loro, ne stanno scegliendo i termini».

Perché diventare panificatore oggi? «Per sdoganare il pane dall’alone di semplicità che gli è stato conferito dal suo bisogno quotidiano. Materie prime di eccellenza, lunghe lievitazioni con pasta madre, i cui rinfreschi scandiscono la giornata come un mantra. Mi piace pensare che il pane possa diventare lo specchio di una realtà dove sotto un cielo di passione e professionalità c’è una terra fatta anche di grano!».

  • Panetteria Gianfranco Fagnola, viale Madonna Dei Fiori 44, Bra (Cuneo)

Enrico Giacosa – panettiere

Gestisce l’attività di famiglia ad Alba ed è Presidente del Consorzio di tutela del Pan ed Langa, un progetto di filiera corta che ha ridato vita al pane di Langa, coltivando le antiche varietà di grano locale e macinandole a pietra nell’impianto artigianale di Renzo Sobrino, a La Morra.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la sua professione? «La pasta è materia viva, risponde anche alle nostre emozioni oltre che alle nostre azioni. Molte di queste sono ripetitive e possono apparire noiose se uno non si lascia trasportare dal moto della giornata che porta al compimento finale del lavoro: la soddisfazione dei bisogni dei nostri clienti. In una ricetta c’è molto di più dei semplici ingredienti: il nostro modo di porci, di interpretare le materie prime, la nostra premura o pazienza, e molto di più…».

Teo Musso – mastro birraio

È uno dei protagonisti più noti del settore della birra artigianale italiana. Ha iniziato nel 1996 con il brewpub Le Baladin dove proponeva le sue prime due birre alla spina, la Blonde e l’Ambrée. Oggi esistono oltre 30 varianti di gusto e formato.

Dell’Alto Apprendistato dice: «È un progetto ambizioso e necessario con un piano di studi mirato alla teoria ma anche alla pratica e al “vivere il mestiere”. La durata del corso? È un inizio ma è giusto così, poi è il mondo del lavoro lo completerà. Oggi chi inizia una nuova attività, specie se artigiana e autonoma, deve ricoprire, con la necessaria competenza, un’infinità di ruoli. In primis quello del produttore, del magazziniere, ma anche quello del venditore, dell’amministratore e non si può, come forse in passato, improvvisare».

Un futuro da mastro birraio? «Il mondo della birra artigianale in generale, e quella italiana in particolare, è in fermento e possono ancora esserci spazi per nuove iniziative imprenditoriali. Attenzione, però, occorre creare un piano di sviluppo e calcolare bene tutti gli investimenti prima di lanciarsi spinti dall’entusiasmo. Gli spazi si possono trovare ma con intelligenza e pianificazione. A chi progetta di aprire un micro birrificio dico: pensa alla sostenibilità del progetto, ad aprire un brewpub innanzitutto, perché potrai vendere il tuo prodotto e marginare bene per permetterti di investire sulla sua distribuzione».

Riccardo Franzosi – mastro birraio

Homebrewer dagli anni Novanta, ha scommesso sul suo territorio, i colli tortonesi, utilizzandone la frutta, le spezie e le botti di vino per la produzione delle birre. E coinvolgendo anche i casari, i norcini e i vignaioli per valorizzarlo, anche all’estero.

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro?  «Perché vuol dire prendersi cura di se stessi, di chi collabora con te, delle persone che ti danno le materie prime e di quelle che consumano i tuoi prodotti. Un mestiere ti darà qualche carta in più da giocare nella tua partita… Un mestiere entra a far parte della tua vita come un amico, una compagna: un artigiano non ha un lavoro, vive un mestiere!».

Paolo Lerda – mastro birraio

Insieme al fratello Roberto ha rilevato il locale in cui il nonno conduceva la sua trattoria. Dall’eco delle chiacchere fatte tra un caffè e un bicchiere di vino, 60 anni dopo, è nato il fermento del loro brewpub.

Ha scelto di aderire ai corsi di Alto Apprendistato «perché credo che sia un’ottima opportunità di far conoscere la nostra realtà, cercando un confronto con persone interessate a mettersi in gioco e a credere in quello in cui fanno. Che è proprio quello che ci ha fatto intraprendere questo viaggio!».

Perché oggi imparare il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? «Sicuramente il nostro settore è in continua evoluzione; credo che il progetto formativo ne sia una diretta conseguenza. La possibilità di poter condividere le proprie esigenze ed esperienze con persone appassionate, ma anche competenti e formate, sarà sicuramente ricercata da chi come noi si è approcciato a questo mondo per passione, con buone basi e che ha fatto dell’esperienza la sua scuola».

ANDREA PERINO – PANETTIERE

Perché hai scelto di aderire al progetto formativo Alto Apprendistato dell’UNISG? “Ho deciso di aderire a questo progetto perché credo che possa essere  bella e stimolante la collaborazione con un organo di prestigio come l’Università di Scienze Gastronomiche”.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione? “Il pane deve essere un’ambizione alla quale dedicarsi con perseveranza senza mai guardare l’orologio. I tempi sono cambiati: il pane oggi è un surplus e non la base della nostra dieta. Purtroppo non bastano solo acqua e farina  per diventare un panettiere. Serve impegno, dedizione ed uno studio approfondito e continuativo per e mantenersi aggiornati su questioni come materie prime e principi nutritivi”.

SILVIO GOZZARINO – PANETTIERE

Cosa ne pensa dell’AltoApprendistato? “Mi è sembrato interessante perché dopo 36 anni di lavoro e tanta esperienza (fondamentale per questo lavoro) posso raccontare ai giovani qualcosa che li invogli a questo mestiere”.

Gli ingredienti fondamentali per chi vuole intraprendere il mestiere? “Tanta buona volontà, pazienza e tantissima ambizione. Fondamentale,però, è non avere paura di lavorare!”

Perché oggi il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? “Vedo molte chance, ma solo per gente competente. Se si fanno le cose bene, in modo genuino e seguendo la tradizione credo che la nostra cultura culinaria di prodotti da forno possa essere esportata nel mondo intero”.

SERGIO ORMEA – MASTRO BIRRAIO

Perchè hai aderito al progetto dell’Alto Apprendistato UNISG? Non c’è un motivo preciso; affronto con fiducia questa sfida lanciata da Slow Food.

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione? Non ci vogliono doti particolari rispetto a quelle richieste per la maggior parte delle altre professioni: determinazione, un po’ di savoir-faire, non avere mal di schiena e disporre di qualche disponibilità economica.

Perché oggi imparare il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? Il futuro del birraio non è facile da prevedere.  Escluderei il lavoro da dipendente, ma c’è spazio per chi  decide di mettersi in proprio. Senza sognare ricchezze immense,  con tanta bravura e un po’ di fortuna ci si può ancora realizzare.

LUIGI CAGIONI – MASTRO BIRRAIO

Giovani e frizzanti, sempre attenti a materie prime e processi di fermentazione. Alle falde della Valle Varaita Luigi Caginoni, insieme ai due soci Ivan Lodini e Diego Botta, dal 2013 mette a frutto la sua esperienza maturata in un Birrificio della Foresta Nera.

“Sono molti i  motivi che ci portano a collaborare con un’ istituzione prestigiosa e attiva sul territorio a promozione del prodotto di qualità. Ci fa piacere condividere la nostra esperienza con persone realmente appassionate a capire meglio il mondo della birra. Poi  (da non dimenticare) un aiuto in birrificio serve sempre!”

Quali sono gli ingredienti fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione? Il mestiere è duro, la poesia dell’artigianato si scontra presto con la realtà. Ci vuole preparazione, flessibilità, grande determinazione. Mai dare per scontata la qualità di cosa si sta facendo! Bisogna essere pronti a svolgere attività che non c’entrano con “la cotta”, scartoffie  burocratiche, problemi meccanici, promoting & marketing.

Perché il tuo mestiere può essere una chance per il futuro? Il settore è in crescita. E’ in crescita l’interesse del pubblico per le birre artigianali, si tratta di un circolo virtuoso che sta generando una micro economia vincente in un momento in cui molti altri settori sono in crisi.

 

Matteo Piffer – panettiere

Dei corsi di Alto Apprendistato dice: «Le conoscenze tecniche nella panificazione sono importanti ma non sufficienti per proporre prodotti di qualità. Ritengo sia necessaria una riflessione profonda sulle materie prime che si utilizzano nel nostro settore, e non penso che ci sia un contesto migliore dell’università di Pollenzo. Inoltre molti dei colleghi coinvolti nel progetto dell’Alto Apprendistato sono per me fonte di ispirazione.  A noi panettieri, che lavoriamo di notte e spesso anche di giorno, è mancata la possibilità di incontrarci e confrontarci, ma ora che ne sentiamo il bisogno e ne capiamo l’importanza, il tempo ce lo ritagliamo…a dormir poco tanto siamo abituati».

Quali sono gli “ingredienti” fondamentali per intraprendere la sua professione? «Passione, che ti permette di dedicarti al 100% al lavoro. E curiosità, verso le materie prime, l’impostazione del negozio, le tecniche e le possibilità organizzative».

IVAN PIZZONI – PANETTIERE

Perché i corsi di Alto Apprendistato?
Credo che l’unico modo per continuare a svolgere un lavoro artigianale sia trasmettere le proprie conoscenze, esperienze e tradizioni.
Quali sono gli ingredienti fondamentali che deve avere chi vuole intraprendere la tua professione?
Tanta passione e serietà!
Il futuro del mio mestiere? 
Solo attraverso la qualità, la capacità di valorizzare il territorio di appartenenza e le proprie tradizioni;

Luigi Poggini – panettiere

Crede nel pane che dona salute. E nel futuro di un mestiere vivo «che si nutre del piacere di riscoprire e lavorare le materie prime, del dialogo fitto con il mugnaio e con i clienti».

Dei corsi di Alto Apprendistato dice: «Ho piacere che i giovani imparino un mestiere che è una vecchia tradizione, riscoprendo la qualità dei prodotti, il lavoro manuale, la pasta madre, il forno a legna e i grani antichi come il Gentil Rosso, il Rieti e l’Abbondanza, che hanno un glutine più digeribile».

Gli ingredienti per chi vuole intraprendere la tua professione? «Volontà e tenacia per portare avanti un mestiere che richiede sacrifici, ma dà anche molte soddisfazioni. Volontà e convinzione di tornare alle origini di un mestiere che negli ultimi 50 anni si è trasformato in un lavoro per tecnici, dove si mescolano dei preparati, in macchinari, senza nemmeno toccare più l’impasto».

Il suo mestiere può essere una chance per il futuro? «Sì, perché dona salute. Le intolleranze al glutine e alle polveri lievitanti stanno dilagando: intraprendere questo mestiere in modo consapevole, scegliendo di lavorare con le materie prime di qualità e con modalità e tempi di lavoro che garantiscono un prodotto buono, nutriente e digeribile, in un panorama sciatto, è una garanzia per il futuro».

  • Il Forno a Legna “Un pino”, Piazza Municipio 4/c interno 2, San Giustino (Perugia)

Donata Romaniello – panettiera

Da dieci anni il panificio Cargnino è nelle sue mani. Un tocco che si riconosce: «Metto cura anche nel disporre il pane nelle ceste da consegnare ai rivenditori della Valle e i clienti se ne accorgono… ». Il suo sguardo un po’ timido, nasconde l’energia capace di sfornare da 500 a 1000 chili di pane al giorno.

Ha scelto di aderire ai corsi di Alto Apprendistato perché «mi ci sono trovata in mezzo, un po’ come è capitato con le farine e gli impasti…».

Sul suo mestiere dice: «Ci vuole passione, un pizzico di fortuna e tanto impegno. Ci tengo a dire che le panetterie, anche le rivendite, nei piccoli centri urbani creano comunità e li mantengono in vita… in queste vallate è capitato così. Alle 5.30 del mattino, quando apriamo i negozi, c’è già qualcuno che aspetta davanti la porta per acquistare il pane».

Panificio Cargnino, Arnad le Vieux 41 bis, Arnad (Aosta)

Antonio Pistilli – mastro birraio

Dell’Alto Apprendistato dice: «La condivisione delle esperienze e il confronto li considero pilastri fondamentali per la realizzazione e la crescita di un progetto. Il percorso formativo rappresenta un’occasione fondamentale in tal senso, tra curiosità e suggestioni, arricchisce tutti i partecipanti. Seneca sosteneva che il sapere a nulla vale se non per essere trasmesso».

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro? «Le garanzie di successo non sono maggiori di quelle di molti altri mestieri. Il progetto deve assolutamente essere contestualizzato e valutato sotto ogni aspetto. In un mondo in continua evoluzione, è necessario adeguare l’attività alla realtà esterna».

Fulvio Beata e Mauro Toson – mastri birrai

Alle porte di Aosta hanno aperto il primo impianto produttivo della regione. Alta fermentazione e spezie in un ambiente in nero e rosso, i colori della città.

Perché avete scelto di aderire al progetto UNISG? «È un’iniziativa tesa a favorire la diffusione della cultura e dei modi di fare birra, che può trasformarsi da passione per una meravigliosa bevanda in un mestiere ricco di gratificazioni personali. Il settore è in costante crescita ma è necessario che chi intraprende la professione abbia una formazione non solo tecnica ma anche culturale. Ci sono troppi birrai “improvvisati”… Avere persone preparate è terreno fertile per una crescita del numero di appassionati e neocultori, potenziali consumatori del presente e del futuro».

Quali sono gli “ingredienti” per intraprendere la vostra professione? «Passione e interesse verso tutto il mondo della birra, volontà e tenacia. Questo mestiere richiede impegno, costanza e ambizioni di crescita professionale, e sottopone a sforzi non comuni ad altri mestieri, dato che la maggior parte delle attività richiede molta manodopera. Una formazione scientifica di base costituisce un elemento preferenziale».

Antonio Zanolin – micro birraio

Dell’Alto Apprendistato dice: «Mi sono fatto coinvolgere nel progetto perché me lo ha chiesto una realtà come l’ateneo di Pollenzo, che lavora per valorizzare il settore agroalimentare. Credo sia importante fare sinergia fra coloro che condividono un approccio al mondo del cibo, dalla sua produzione alla commercializzazione e alla promozione, basato sulla sostenibilità e sulla qualità».

Perché oggi imparare il suo mestiere può essere una chance per il futuro? «Confidiamo e lavoriamo perché la gente si sposti da un consumo alimentare di massa a uno più consapevole, scegliendo in base a gusto, curiosità e salute, e prediligendo cibi e birre artigianali, che esprimono territorio, emozioni e capacità».

Agli studenti sottolinea che il mestiere del mastro birraio spazia dal pensare e fare la birra, occuparsi di logistica e distribuzione, fare ricerca e sperimentare. Insomma, non ci si annoia.

  • Birrificio La Gastaldia, Via Roma, Località Solighetto, Pieve di Soligo (Treviso)
    www.lagastaldia.it

Renato Bosco – pizzaiolo

A proposito dell’Alto Apprendistato dice: «Spero di essere di stimolo ai giovani, trasmettendo loro la mia passione per la materia. Così il mondo non può andare oltre: troppa fretta e troppa tecnologia. Dobbiamo rallentare, imparare a rispettare la terra e la nostra manualità. E a recuperare i mestieri dei nostri nonni».