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Gourmet food trucks: la rivincita degli chef di strada

“Quindi il cibo di strada è il kebab?” chiedono a Stefano Marras, ricercatore presso l’Università Bicocca di Milano. “No non è il kebab; in Italia almeno non lo è per niente. Cibo di strada – spiega il sociologo – è qualsiasi piatto o bevanda pronto per essere mangiato in spazi pubblici”. Street food e’ un modo di mangiare, per strada, in singole porzioni. Anche un risotto può essere street food.

Per raccontare lo street food alla conferenza tenutasi il 26 novembre scorso all’UNISG, Marras si appella alla prima definizione della Fao (risalente al 1986), ripercorre la letteratura sull’argomento e si destreggia citando articoli e studi storico-economici, lui che ne è un pioniere.  Nel ‘900 molti biologi si occuparono di cibo da strada, soprattutto di quello della tradizione dell’America  latina, dove milioni di persone morivano di colera, forse anche per contaminazione alimentare. Marras va oltre il mero studio biologico. Oltre a  quello economico e storico, cerca un approccio sociologico allo street food. Vuole descrivere un fenomeno a 360 gradi: da quando nel 2011 ha iniziato a studiare il “fenomeno”passa dei mesi in sud America, va alla ricerca costante di risposte alla domanda che è balenata in mente ad ogni consumatore, dalla casalinga al gourmet: Ma lo street food è un modo sicuro di mangiare?

Cosi, giovanissimo,  indaga sulla presenza e la qualità del cibo di strada nei paesi sviluppati e non. Parte da Parigi, terra vergine per lo street food fino ad arrivare a Bangkok dove esso rappresenta  una necessità dato che molte case sono prive di cucina. Il libro di Marras è uscito a luglio del 2014, si chiama Street Food. Culture, Economy, Health and Governance e conta la partecipazione di altri esperti del campo, tutti interessati al fenomeno emergente.

La letteratura dello street food è un terreno inesplorato, eppure il cibo da strada è sempre esistito ed ha avuto un alto valore economico ed antropologico, testimone di tradizioni antiche quanto il mondo. Nello scorso decennio qualcosa cambia dalla parte dei vendors e dalla parte dei consumers. Si insinua una nuova idea di street food . Scoppia, a partire dagli Usa una sorta di rivoluzione. È la rivoluzione degli imprenditori-gourmet che  avanzano a cavallo di furgoni, e armati di barbeque e friggitrici.

food trucks

Nel 2008, in piena crisi economica si diffonde un nuovo bisogno di mangiare in modo economico ed informale. I furgoncini che, nell’immaginario comune erano associati alle minoranze etniche e alle feste di paese, diventano il paradiso dei gourmet. Chef di ristoranti stellati, cuochi professionali, ma anche ingegneri, business-men e designer si affacciano al mondo del cibo da strada proponendo dei piatti che da strada non sono. Attenzione al bio, freschezza, km0, sostenibilità sono caratteristiche del cibo da strada  che viene servito in camioncini, spesso vere e proprie opere d’arte e di tecnologia. Marras ci ha raccontato de Le Camion qui fume,  che  nel 2012  ha portato lo street food sulla Senna,  rivoluzionando spazi urbani e landscape sociali

In Italia, dove si è tenuto  lo scorso settembre lo “ Streeat – Food truck festival”,  i “paninari” dello stadio, scadenti ristoranti su quattro ruote lasciano il posto ad arancini gourmet e gelati artigianali. Non solo ricette nazionali: c’è chi, come il toscano Phils, cerca di portare in  giro per l’Italia l’autentica tradizione del BBQ americano cucinando carni pregiate con il lentissimo processo di affumicatura dello smoker.

Marras racconta i pregi dello strret food e non solo: ne descrive le criticità , parla delle difficoltà legali e ambientali, della loro competizione con i ristoranti classici. Eppure, nonostante gli ostacoli, la formula dei gourmet food trucks, come una calamita sta attirando a se tutti: lavoratori, turisti, giovani e anziani, in ogni caso persone che si aspettano non solo l’eccellenza dal pasto ma che vedono nel cibo si strada  un’esperienza autentica.

Ci si avvicina allo street food per istinto, l’istinto primordiale della fame eppure, si  vivono esperienze colte in grado di coinvolgere tutti sensi e mente. Lo street food che “c’era una volta in America”, arriva, chilometro dopo chilometro in Europa, cambia modi di pensare al cibo, scardina l’idea di pasto e, soprattutto trasforma le città, dando vita a spazi urbani che erano privi di colore.

 

Teresa Cavallo

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