Approfondimenti

Panini d’Italia. L’identità italiana tra due fette di pane

Dal 18 al 22 maggio Lingotto fiere è stata la location del 30° Salone Internazionale del Libro.

Una delle novità di quest’anno è stata, in collaborazione con Slow Food, l’inaugurazione di GasTronOmica, un’area in cui parlare e leggere di cibo. Una raccolta di “Bibliodiversità” che ha coinvolto le case editrici attive sul tema food ed ha istituito un spazio in cui discutere di temi legati cibo.

Tra gli incontri della prima giornata “La geometria del panino”, un momento di discussione su uno degli street food più iconici del nostro Paese, sullo stato attuale dell’arte e sul suo futuro.

Sono intervenuti Alberto Capatti, noto storico della gastronomia italiana, Alessandro Frassica “cuoco dei panini” fondatore della bottega ‘INO a Firenze e Anna Prandoni giornalista, scrittrice e direttrice del magazine “Panino Italiano”.

Panino, bocadillo, sandwich, hamburger, kebab, toast. Il panino, è un alimento democratico, che ha sfamato e sfama le popolazioni di ogni parte del mondo. Nato e sviluppatosi essenzialmente come cibo dei poveri (vedi il pane e cipolla per i contadini) ha conosciuto una nobilitazione che lo sta facendo diventare un alimento super ricercato.

Se alla parola panino associate infatti il ricordo di un pranzo triste e veloce al bar di fronte all’ufficio non potreste essere più lontani dallo stato attuale delle cose. Il panino, che ha rappresentato per molto tempo una scorciatoia al preparare il pranzo, l’anti-cucina per eccellenza, è stato risucchiato dalla scia della valorizzazione del cibo di strada e sta diventando un vero e proprio piatto gastronomico che racchiude tra le sue fette di pane materie prime importanti e preziose. Ogni elemento che lo compone (dal pane, ingrediente indispensabile) racconta una storia, la storia di un prodotto, del suo legame con un particolare territorio e con il suo produttore. Numerose le botteghe che aprono e offrono una proposta “gourmet” rivolgendo un’attenzione particolare alle materie prime e alla ricerca di combinazioni nuove di sapori.

In questa ottica il panino gourmet per eccellenza è sicuramente quello italiano, tanto che nei menu e nei ricettari di tutto il mondo, la parola “Sandwich” super popolare negli anni ’90 viene progressivamente sostituita con la più italiana “panini”. Inoltre, il panino italiano è così rilevante da essere l’unico a meritarsi una fondazione culturale nata apposta per promuoverlo nel mondo e farne riconoscere l’unicità: l’Accademia del Panino Italiano.

Ma cosa permette di distinguere (e quindi proteggere) un panino all’“italiana” da un semplice sandwich? L’Accademia riconosce al panino italiano tre valori fondamentali che lo contraddistinguono: la maestria di chi lo assembla, in quanto prodotto artigianale, la creatività della combinazione di sapori, e il suo legame con il territorio e con i prodotti tipici.

Il panino – spiega Capatti- ha riassorbito tutta quella cultura che dall’inizio degli anni ’90 e quindi dall’inizio delle DOP e IGP, è connessa al prodotto tutelato, di qualità, raro e costoso rovesciando quell’immagine omologata da prosciutto cotto e sottiletta che aveva precedentemente, e ricercando nelle culture regionali elementi di diversificazione e territorialità.

Il panino con la sua nuova posizione di alto profilo, è un prodotto sempre più identificato come italiano in tutto il mondo e che attira sempre più consumatori, aiutato forse dalla scia di fama di cui godono nel mondo la pasta e la pizza. Ma la sempre maggior richiesta del panino Italian-style entra in conflitto con la difficoltà di far viaggiare i prodotti Italiani nel mondo. Il che causa la produzione imitativa di alcuni prodotti e l’importazione limitata di altri, che comunque si riferiscono ai quelli dei grandi consorzi e svantaggiano i piccoli produttori.

Se quindi per far viaggiare il panino italiano nel mondo bisogna rinunciare a prodotti tipici e fortemente connessi ai territori regionali, ma che non hanno possibilità di circolare fuori dai confini nazionali a causa della deperibilità o della poca disponibilità, non si dovrebbe rinunciare alla filosofia e alla sapiente preparazione tutta tricolore.

Ma spesso l’italianità, soprattutto in ambito gastronomico, diventa solo un mezzo di marketing, svuotandosi dei sui valori e dei suoi legami con l’origine. Più il panino diventa popolare, più le grandi catene di fast food, pur mantenendo i loro colossali giri di affari basati sulla filosofia della guerra sui costi e sugli standard (opposta a quella “gourmet” e slow), manifestano il bisogno di creare collaborazioni con realtà artigianali per comunicare qualcosa di diverso ed associano elementi e prodotti tipici del nostro Paese a quello che è il panino più famoso al mondo ma di concezione non italiana, l’hamburger. Il panino così, si svuota del suo legame italiano e diventa uno slogan pubblicitario, avvalorato in alcuni casi anche dalla collaborazione tra grandi catene straniere e chef stellati.

Tra la recente nascita dell’Accademia, il trend positivo del “gourmet” e dello street food, panini stellati, botteghe e catene il panino italiano è sotto le luci della ribalta e si lancia nella globalizzazione. Con la veloce diffusione è tutto da vedere se si riuscirà a mantenere l’unicità del prodotto italiano e se sia fattibile lo sviluppo dell’ambizioso sogno dell’Accademia del panino italiano, ovvero la creazione di una Ente Certificatore e lo sviluppo di una app per rendere il Panino Italiano rintracciabile e riconoscibile in tutto il mondo.


Scopri di più…

ilpaninoitaliano.org

accademiapaninoitaliano.it

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