26 ottobre 2014, ore 20.30, Salone del Gusto 2014, Oval Lingotto viene scattata questa foto. Cosa vi sembra?
C’è del cibo, ci sono persone che mangiano: tutti sembrano gradire l’atmosfera conviviale e la qualità dei piatti. Mi sembra un buon esempio di condivisione, dello stare bene a tavola con amici o persone mai viste prima.
Tutto vero, certo, ma c’è dell’altro. Quel cibo è stato cucinato con gli avanzi delle cene delle sere precedenti, con del pane vecchio recuperato dal panettiere e con frutta e verdura che al mercato di Bra avrebbero buttato, perché troppo brutta per essere venduta ma ancora buona da mangiare.
La foto, infatti, coglie un momento dell’Eat-in “Zero waste”, uno dei quattro Eat-in organizzati da La Condotta dell’Università di Scienze Gastronomiche al Salone del Gusto. Ognuno di essi aveva come scopo la sensibilizzazione dei commensali a proposito di un tema specifico, come vuole il Manifesto dell’Eat-in che dice, al punto due, “un Eat-in è una protesta contro il fast food, il cibo artificialmente a buon mercato e prodotto industrialmente”¹ e, al punto cinque, “un Eat-in è una celebrazione delle persone che coltivano, producono, vendono e cucinano il nostro cibo e delle persone che condividono il cibo con gli altri”².
Fin dal primo Eat-in, tenutosi il primo settembre 2008 a San Francisco, l’obiettivo è stato quello di creare una comunità di persone sensibili alle ingiustizie e alle incongruenze dell’odierno sistema alimentare: in quell’occasione i partecipanti furono invitati a scrivere su una grande tovaglia ciò che avrebbero fatto, nella vita di tutti i giorni, per rendere il cibo più buono, pulito e giusto.
E quale luogo migliore se non il Salone, il tempio del buono, pulito e giusto, per portare avanti l’esempio di San Francisco?
La Condotta organizza Eat-in da anni, e anche questa volta non è stata da meno: quattro Eat-in con uno specifico tema, e ogni sera abbiamo imparato qualcosa!
Con “Pani del mondo” abbiamo sperimentato quanto possano essere diversi, ai vari angoli del globo, il pane e i suoi accompagnamenti.
I partecipanti alla “Cena al buio”, invece, hanno mangiato con gli occhi coperti da una benda: ciò ha permesso loro di focalizzarsi di più sugli altri sensi, spesso utilizzati poco e considerati di second’ordine. Se è vero, infatti, che anche l’occhio vuole la sua parte, è altresì vero che la vista a volte ci guida troppo nel riconoscimento del cibo, a discapito di gusto, olfatto, tatto e udito. All’Eat-in, infatti, è stato presentato un piatto in cui la zucca era protagonista di tre diverse ricette, ma molti commensali non hanno riconosciuto la sua presenza in tutti in cibi, cosa che avrebbero fatto all’istante se non fossero stati bendati.
Milo Buur, il responsabile dell’Eat-in “Dalla testa alla coda”, invece, voleva far capire alle persone che gli animali posso essere cucinati interamente, dalla testa ai piedi appunto, senza sprecare nulla e in modo gustoso. Gli studenti hanno preparato un menu completo, dagli agnolotti con le frattaglie al sanguinaccio, guidati da Milo, che ci racconta: “an Eat-in is a place to eat and drink wine and where it’s possible to meet people that probably like food and you have an opening sentence for everybody you meet: ”what did you make tonight?”. For me doing the Eat-in was an experiment, a way to enjoy being in the kitchen in a way that is more than just preparing dinner for myself and/or my friends. It was a possibility to play professional kitchen again. To show what we could do with food. That we can cook some pretty tasty stuff, to be in a kitchen from 9:00 to 23:00 for a week and to see all those happy faces in the end!”.
E, per concludere, lo “Zero waste” Eat-in: zuppe, torte, insalate e dolci preparati con ingredienti che sarebbero stati buttati perché non più vendibili o con parti di frutta e verdura che di solito scartiamo: bucce di carote, semi di zucca e foglie di sedano, per dirne solo alcuni.
Ce lo racconta Hannah McGowan: “For me an Eat-in is like a massive family dinner. Everyone arrives with a tasty dish, and gathers around a great big table, and proceeds to spend the evening sharing, laughing, talking and of course, eating. You might not know all the people, but there is a commonality that brings you together. It’s a scene that inspires conviviality and conversation. The thing I love most, is how it’s something that can bring together all sorts of people.
The Zero Waste Eat-in of Salone was for me a learning opportunity. It wasn’t just another dinner, it was a chance to explore another part of the food system. So often we focus on either the field or the fork, and not what comes after. It’s as if food no longer exists in our minds once we are done with it. In organizing this Eat-in, I had to dig deeper into the concept of what waste actually meant. Most of the information I found made me angry about the way we treat this resource. But then I found inspiration through different people and campaigns. These are what I decided to draw from whilst creating this dinner. I wanted the guests to come away with a better understanding of the issue of food waste, and a healthy amount of respect for the work that goes into creating food”.
¹http://media.wix.com/ugd/fe7131_47dacde12185492eb7d8244618810b63.pdf
²Ibidem